Was Sie hierzu wissen müssen
a cura di Giuseppe Tasin
Avevo selezionato alcune sue opere di proprietà della Regione per delle mostre a Trento, Borgo, Novaledo e da ultima ad Egna. Avevo effettuato una prolungata ricerca sul web, con risultati infruttuosi, per capire chi fosse Giovanni Maino e poter eventualmente comporre una sua biografia da accompagnare alle sue opere.I risultati mi andavano da Maino cicli a del Maino, pittore dell’800, ma nulla su Giovanni, così mi rassegnai e nei cataloghi di quelle mostre inserii la brutta frase “non si dispone di informazioni biografiche su questo autore”.
Quando Franco Cortelletti mi ha contattato, qui in Regione, chiedendomi informazioni sul Maino poichè aveva visto i suoi quadri in mostra a Egna, non potevo lasciarmi scappare l’occasione di supportare la sua ricerca. Ci siamo incontrati alcune volte anche con Marco Patton e da qui è nata l’idea di ricostruire assieme la storia di questo artista praticamente sconosciuto. Franco coadiuvato da Marco ha svolto con tenacia e rigore, un certosino lavoro di ricerca storica, genealogica di raccolta di testimonianze verbali e scritte e delle opere disperse tra i numerosi collezionisti, per ricostruire i passaggi essenziali della vita di quest’uomo di cui non vi sono notizie o informazioni pubbliche. L’esito del loro lavoro l’ho voluto sintetizzare in questa mostra e in questo catalogo che di fatto è la prima biografia ufficiale di Giovanni Maino e della sua opera.
Cosa posso dire di Giovanni Maino che non abbiano già detto Franco Cortelletti, Marco Patton e Mauro Betta?
Siamo tra gli anni ‘20 e gli anni ‘80 del secolo scorso. Giovanni Maino è un pittore trentino che nella sua vita ha vissuto l’orrore di due guerre mondiali e la tirannia del fascismo; il declino e la morte del Regno d’Italia e la nascita della Repubblica; il boom economico del dopo guerra e la guerra fredda; la crisi dei missili di Cuba ed il disastro del Vajont; lo sbarco sulla luna e i moti del ‘68 trentino con la facoltà di Sociologia fulcro delle proteste a livello locale; gli scontri tra neofascisti ed operai alla Ignis di Trento e le grandi stragi italiane (Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Italicus, Stazione di Bologna…); l’arrivo della droga nelle piazze di Trento e lo schianto della funivia del Cermis; l’incendio della Sloi e gli anni dell’austerity; l’avvento in Trentino della televisione e il secondo statuto di autonomia; il tutto passando per 8 Papi.
Ha percorso centinaia di chilometri a piedi tra le sue amate vette del Trentino, dell’Alto Adige, del Cadore, con puntate periodiche nella Val d’Ossola, in particolare nella zona di Macugnaga, ai piedi del massiccio del Monte Rosa.
Giovanni Maino non è un protagonista della vita mondana trentina, così come non è un protagonista degli ambienti artistici e culturali della sua epoca. In una Trento in fermento, ricca di discoteche e sale da ballo, dove la Trento-bene fa passerella lungo il Giro al Sass, la zona della movida trentina dell’epoca, sfoggiando le nuove tendenze della la moda che affiancando ai camicioni hippy larghi e lunghi, alle tuniche trasparenti, ai fiori giganti e ai monili di tutti i tipi, un abbigliamento più pratico, caratterizzato dall'uso delle T-shirt, dei cardigan e dei jeans. Una Trento che sta lasciando gradualmente i retaggi della provincia per diventare città grazie al deciso sviluppo economico, concomitante con il miracolo economico italiano e il boom del Nordest, trainato dal turismo e favorito dalle copiose risorse ottenute via via in misura sempre più abbondante per l'autogoverno.
(Foto Via Verdi)
Questo ritrovarsi della città di Trento al centro di una consistente rivoluzione sociale e urbana, economica e culturale provoca sicuramente destabilizzazione. Agendo su quello stato percettivo generale dominato da uno strenuo tentativo di riadattamento alla nuova dimensione culturale l’arte deve impegnarsi ora più che mai per compiere il suo dovere di ricostruzione cognitiva dell’esperienza. E’ in questo clima che si sviluppano i nuovi movimenti artistici, Durante gli anni Sessanta, nel contesto della società dei consumi occidentale, si affermano i movimenti artistici del New Dada, del Nouveau realismé, della Pop art, dell'Happening e della Body art. e altri che giungono dall’estero, quali la Minimal Art, l’arte concettuale, la land-art. L’Italia non è da meno, nasce la Transavanguardia italiana di Achille Bonito Oliva, l’arte povera teorizzata da Germano Celant, In Trentino nasce la corrente della pittura analitica denominata "Astrazione oggettiva" che annovera fra i suoi fondatori anche Diego Mazzonelli, Gianni Pellegrini, Giorgio Wenter Marini Aldo Schmid, Luigi Senesi, Mauro Cappelletti.
Ilario Tomasi, Carla Caldonazzi, Giorgio Tomasi partecipano al neonato Gruppo Studio Arti Visuali di Trento mentre Mariano Fracalossi da vita al gruppo "La Cerchia", un importante contributo all'arte trentina, , Tutto questo fermento è estraneo a Giovanni Maino, egli, imperterrito, rimane fedele alla sua pittura, alle sue amate montagne, ai suoi pennelli e al suo cavalletto trasportato sulla sua motocicletta.
Un pittore fuori luogo e fuori età. A cavalcioni del motociclo, un Motom 48, su cui fa stare cavalletto, tavolozze, pennelli e colori, oppure partecipando alle uscite della SAT – Società Alpinisti Tridentini o della Sosat – Sezione Operaia Società Alpinisti Tridentini – gira in lungo e in largo le Dolomiti e le Alpi orientali fissando con maestria in una pittura quasi fotografica ed in certi tratti “fanciullesca” i paesaggi montani e i borghi che incontra sul suo cammino.
(inserire foto Motom)
Un pittore fuori dal suo tempo e fuori da una realtà in forte cambiamento. Per questo, oltre che per la sua umiltà e il suo essere schivo e solitario, probabilmente non ha il successo e i riconoscimenti che merita.
Giovanni è un pittore autodidatta, non segue particolari studi o corsi, non frequenta le botteghe o i laboratori dei grandi maestri, la sua tecnica di pittore si mescola con la sua capacità di pasticcere-decoratore e viceversa. Ha una tavolozza ricchissima di colori, di tutte le sfumature, lui sa che la realtà non è ne bianca ne nera e sa che non è nemmeno grigia, ma di colori sgargianti che si mescolano sulla tela in una allegra danza. Egli, di fronte alla magnificenza delle vette dolomitiche, al colore cristallino dei laghi alpini, alla sobrietà dei villaggi e dei paesi si emoziona, si commuove e dal suo pennello escono, fluidi, i tratti che portano sulla tela quelle emozioni, le stesse che oggi noi proviamo nel vedere le sue opere, nel soffermarci ad osservare i particolari, a curiosare ciò che le ombre ci nascondono.
Punti di forza della sua pittura sono la capacità di fissare fedelmente sulla tela, con pennelli e colori, la magia incantata dei luoghi ritratti. Dico “ritratti” perché questa è la pittura del Maino, sono ritratti veri e propri di luoghi, di ombre, di giochi di luce e di giochi di profondità. Niente di romanzato o di alterato, la sua pittura è un riportare fedelmente la realtà. Ogni opera è frutto di sopralluoghi ripetuti, di osservazione, di scelta del giusto momento, della giusta luce, delle giuste ombre, il momento aureo che dona la massima emozione e lui è lì, in agguato, pronto a cogliere quel momento quel “carpe diem” da fissare sulla tela e da regalare prima a se stesso e poi al mondo. Si perché Giovanni non dipinge per il mondo, non lavora su commissione se non in rari casi e con tempistiche tutte sue, egli dipinge per se, egli dialoga con il suo pennello e la sua tela, questo è il suo mondo e solo pochi eletti possono entrarvi e possono entrarvi alle sue condizioni.
A questo proposito riporto un aneddoto che mi è stato raccontato: Fu chiesto a Giovanni Maino di dipingere Castel Caldes, in Val di Sole. Difficilmente Giovanni accettava di dipingere su commissione, ma questa volta accettò. Si mise all’opera e ritrasse il castello. Alla presentazione dell’opera finita, il committente chiese al Maino di modificare luci e ombre per mettere in risalto alcuni aspetti del castello che sembravano poco valorizzati. Il Maino obiettò che il sole splendeva dal lato in cui egli lo aveva ritratto e che le modifiche richieste avrebbero quindi alterato la realtà collocando il castello in una posizione innaturale e comunque non rispondente alla geografia del luogo. All’insistenza del committente il Maino prese l’opera appena conclusa, dalle mani del committente la getto via e se ne andò.
Questo è il mondo di Giovanni Maino e con questa mostra e questo catalogo postumo vogliamo ridare smalto e attualità ad un ricordo, forse di pochi, ma che merita di essere patrimonio dell’intero Trentino-Alto Adige e non solo.
Grazie Giovanni per le emozioni che ancora oggi ci regali!